> Il brivido del nuovo nella Battaglia di Alessandro e Dario a Isso di Altdorfer
Un'opera che fissa un'istante cardine della storia inquadrandolo in una cornice di grande cambiamento
In questa tavola di Albrecht Altdorfer del 1529 si rappresenta la Battaglia di Alessandro il macedone e del persiano Dario avvenuta a Isso, nell'Anatolia meridionale al confine tra Cilicia e Siria nel 333 a.C. (Fig. 1). Il modo in cui è inscenato e dipinto lo scontro non è solo avvincente e spettacolare per come già alla prima rapida occhiata appare, ma man mano che se ne approfondisce la lettura e la conoscenza quel turbinante campo di battaglia diventa sempre più interessante per tutta una serie di artifici rappresentativi che sono messi in atto per dare conto di tempo, spazio e storia.
Il panorama cosmico
La tavola, che mette in scena forse la prima veduta a scala planetaria della Storia dell'Arte occidentale, rappresenta un campo di battaglia affollatissimo dipinto in modo molto dettagliato con lance e masse di cavalieri che mostrano perfettamente le dinamiche dello scontro in corso, e già la densità figurativa offre l'impressione di una vastità spaziale molto al di là di ciò che penseremmo possa contenere un quadro non grandissimo [1]. La battaglia viene colta nell'attimo in cui Alessandro, in perfetta evidenza sulla sua biga, sta puntando Dario e dà avvio all'epico inseguimento del condottiero persiano e del suo esercito che attraversando una parte considerevole del mondo antico lo condurrà dopo la conquista dell'intera Persia a spingersi fino alll'Uddiyana (l'odierno Pakistan) e ad affacciarsi in India (Fig. 2). Quindi già l'epica ci fornisce l'immagine di una campagna che nel giro di pochi anni copre territori e distanze enormi.
Il cartiglio cardine
Così come nelle altre opere del ciclo storico commissionato da Guglielmo IV di Baviera, anche questa ha un cartiglio esplicativo del tema che in questo caso per dimensioni e posizione si impone alla visione (Fig. 3). E' enorme, sospeso nel cielo e appeso a drappeggi svolazzanti; occupa maestoso l'alto dei cieli, o del cosmo se si considera le altezze siderali che sembrano comprese nell'immenso campo visivo. Sospeso al centro sereno e quieto di un cerchio di nubi turbolente chiarisce i termini epici dello stadio di evoluzione dello scontro: «Alessandro Magno, sconfitto l'ultimo Dario, tra 100.000 fanti e più di 10.000 cavalieri uccisi tra le file dei persiani. Mentre il re Dario è riuscito a fuggire con non più di 1.000 cavalieri, sua madre, moglie e figli sono stati presi prigionieri.»
Nel farlo enuncia quindi quella che è la condizione dei sottostanti contendenti nell'istante in cui sta per prendere le mosse il capitolo successivo dell'epica campagna del Macedone. Con la nappa e la catena pendenti che puntano il centro della scena e i protagonisti che stanno per lanciarsi attraverso lo spazio e il tempo dell'impresa implicata dalla disseminazione di elementi geografici (ad esempio Cipro) e monumenti (la Torre di Babele) a pre-figurare l'itinerario a venire. Con questa nappa e catena che enormi, fuori scala, in primo piano, fissano l'attimo e ordinano lo spazio diventano amplificatori della vastità spaziale: un punto e un'asse intorno a cui gira l'intero pianeta e in basso vortica la battaglia e dunque la storia.
Effrazioni
Tuttavia un primo dettaglio ci avverte della prima di una serie di effrazioni della verosimiglianza storica, un anacronismo. Perché i cavalieri greci sono bardati come cavalieri del XVI secolo e i persiani hanno divise turche. Questo è spiegato dalla committenza del quadro stesso che è destinato alla residenza di Guglielmo IV di Baviera e deve fornire un'interpretazione contemporanea a quadri storici emblematici per il presente ruolo di Guglielmo IV recentemente assurto a ruolo di guida della Controriforma in Germania. Infatti l'armatura dorata di Alessandro lo rende riconoscibile come l'imperatore Massimiliano. Quindi l'impresa epica viene usata per rappresentare il conflitto tra europei ed ottomani. E in realtà tutta l'opera è un susseguirsi di riplasmazioni interpretative che cambiano il significato delle apparenze.
Tra questa una serie di lampanti effrazioni geografiche; perché in luogo di Isso il profilo del centro urbano somiglia a Salisburgo, anche se il riferimento storico più calzante sarebbe costituito da Viennna, per il respingimento dell'assalto ottomano con la sconfitta del Sultano Solimano il Magnifico che cercava di espandere l'Impero ottomano nell'Europa centrale, sconfitta che è di quell'anno, il 1529. E' insomma una rappresentazione della resistenza del Sacro Romano Impero alla penetrazione ottomana in Europa. E vi si può inoltre individuare anche un riferimento alla lotta tra occidente e oriente così come a quella tra cristianesimo e islamismo, insomma alla lotta tra una coppia di dualità in conflitto, di quelle che hanno alimentato la storia umana.
Poi c'è l'effrazione dell'unità temporale con la fantastica sovrapposizione in simultanea di diversi fasi della battaglia con la focalizzazione di vari momenti del suo svolgimento (Figg. 4-6), così come sono stati individuati -si ritiene- nella ricostruzione di Curzio Rufo [2].
Questo sottolinea anche il fatto che la rappresentazione non si focalizza sulla riproduzione di un istante specifico. Anche se la centralità della relazione tra le posizioni e le direzioni dei mezzi di Alessandro e Dario, la loro sottolineatura ad opera del cartiglio che col testo preconizza l'inseguimento del fuggitivo ("il re Dario è riuscito a fuggire con non più di 1.000 cavalieri") e infine il pendente che li punta, si riferisce al dato storico tramandato, ovvero che vinta la battaglia Alessandro si pone all'inseguimento di Dario. Quindi la messa in scena visiva complessiva rappresenta il turbine e il caos della battaglia nel pieno del suo svolgersi con quell'infinità di vettori che sono le lance puntate in ogni direzione. Questo anche se il destino è già deciso; è quello scritto -come vedremo- nelle profezie bibliche e il suo punto di svolta è posto al centro della scena. E questo è tematicamente in accordo con la concezione storico ricorsiva che qui si propone, ovvero che un certo numero di cicli autosimili si ripetano prima della fine dei tempi.
Ma il rilievo dato all'istante risolutivo ci parla anche del mondo in cui la temporalizzazione ha conseguenze sul piano spaziale perché l'inizio dell'inseguimento di Dario attraverso le terre d'oriente anticipa l'estensione dello scenario geografico che con tale azione si realizzerà, estensione legittimata figurativamente anche dallo sconfinato paesaggio panoramico che autorizza ad estendere le implicazioni semantiche inerenti il piano della concezione dello spazio e del tempo dell'opera ben oltre il più ristretto ambito del luogo. Implicazioni che scaturiscono anche dal complesso di spunti che fornisce quel concerto di effrazioni geografiche e storiche che ci è posto davanti agli occhi.
Dimensione storica ed escatologica
D'altra parte nella dimensione storica si può trovare il rispecchiamento della preoccupazione interna alla Chiesa del tempo per un'apocalisse imminente, motivata anche dalla Riforma protestante, che nella tavola troverebbe vari riscontri a partire dalle qualità figurali del cielo extra-ordinario dipinto da Altdorfer. Una volta celeste popolata dai principali attori del firmamento che coprono una scena in cui la sconfitta persiana può essere quella svolta che la visione biblica del profeta Daniele predice come sintomatica dell’ascesa e della caduta di quattro regni prima della Seconda Venuta di Cristo.
Nel momento in cui fu realizzato il dipinto si pensava che essi fossero Babilonia, Persia, Grecia e Roma. Quindi Altdorfer vede la Battaglia di Alessandro e Dario a Isso come l'evento cardine della transizione del potere dalla Persia alla Grecia, e quindi in ottica biblica come un evento di importanza cosmica. Che per il gioco di trasposizioni temporali messo in atto in questa finzione gli permette di considerare l'attualità del Sacro Romano Impero, della Nazione Germanica di Massimiliano I, l'estrema propaggine dell'Impero romano, ecco che il timore non infondato di una capitolazione di fronte alla civiltà ottomana [3] rendeva legittimo il timore di una sorta di apocalisse permettendo di proiettare sull'identità dei belligeranti i ruoli di Cristo (Massimiliano) e Anticristo (Solimano).
E se come è del tutto evidente Altdorfer attualizza nella sua contemporaneità la vicenda epica di Alessandro Magno, anche alla luce della catena di successioni pronosticata dal profeta Daniele, seguendo lo storico Reinhart Koselleck si può allora ritenere che non siamo di fronte ad un anacronismo che produce la semplice sovrapposizione di un evento storico sopra un altro quanto al riconoscimento della natura ricorsiva dei processi storici, che procederebbero in tal modo entro la successione dei tre grandi eventi biblici: la Creazione, la prima venuta di Cristo e infine l'Apocalisse. Quindi non si avrebbe solo uno schema temporale ricorsivo come ritiene Koselleck quanto piuttosto un evolversi multilineare con incassamenti di iterazioni ricorsive nelle fasi intermedie di uno sviluppo lineare [4].
Spazialità e temporalità
E per ciò che attiene al focus di questa lettura ci pare interessante che la spazialità e la temporalità siano intese come percorribili, ricorsive, multilineari. C'è una generale messa in fibrillazione dello spazio e del tempo che acquisiscono dimensioni diverse rispetto al tempo della produzione dell'opera, ci dicono quanto il Rinascimento tedesco, che esplode insieme alla Riforma protestante costituendosi come momento di rivoluzione morale e religiosa che si affranca dalla centralità romana, trovi una forma espressiva che pare anticipare più le concezioni estetiche del Barocco che l'armoniosa e quieta centralità occidentale dell'umanesimo che innesca il Rinascimento italiano. Qui c'è la fibrillazione per il passaggio dal vecchio al nuovo mondo che sta sorgendo in una successione che è ciclica (per la riproposizione degli scontri epici) e progressiva per la prospettiva escatologica.
Movimento e accelerazione
Come si è detto nel turbinio del campo di battaglia la rappresentazione coglie l'attimo in cui Alessandro sta per cominciare l'inseguimento di Dario e se il primo piano combina insieme varie suggestioni di localizzazione: Salisburgo o Vienna al posto di Isso in Persia, man mano che ci si allontana lo spazio si popola di luoghi storici e mitologici, inequivocabili marcatori spaziali e temporali di un pianeta sempre più a portata di sguardo. Ecco allora l'isola di Cipro, il Sinai e il Mar Rosso, il profilo in ombra della Torre di Babele. Mentre la ragione dell'orizzonte curvo può essere spiegata dalla recente scoperta dell'America che ha riportato in auge la sfericità della terra e quindi delle traiettorie curvilinee e potenzialmente circolari o spiraliformi della Storia che vede ricorrere eventi in forme e attori combattenti sempre diversi e sempre uguali.
Il Sole e la Luna, gli astri della luce e delle tenebre, del bene e del male, si rincorrono nei cieli di una sfera che ha acquisito una nuova e fantastica coerenza, potenzialmente smisurata in rapporto alle precedenti percezioni ed idee dimensionali e misteriosa protagonista di nuove scoperte seppure oggetto di proiezione di antiche credenze e di mistiche aspettative palingenetiche.
Parallelo con l'Orlando Furioso di Ariosto
Lo sguardo sinottico e meta-temporale di questa tavola di Altdorfer suggerisce uno spazio planetario infinitamente percorribile e questo è in qualche modo emozionante nella sua analogia con ciò che succede nell'Orlando furioso, pubblicato nel 1516, dove Ariosto mostra i propri personaggi percorrere il mondo a cavallo di creature che viaggiano alla fulminante velocità dell'immaginazione e della fantasia.
Tutto il globo è corso e scorso dal Catai alla Selandia Dalla Scozia all'Egitto con continui cambiamenti di prospettive e luoghi che come sostiene Massimo Rossi nella loro grande varietà contribuiscono a dare l'impressione dello spazio percorso, delle distanze tra i diversi orizzonti geografici del poema (cfr. Rossi 2006:121). Dove i luoghi fantastici servono a spezzare la regolarità degli eventi e ad aprire intinerari intimi entro l'esperienza dei personaggi dove hanno spazio l'inatteso e l'imprevisto con altri spazi e temporalità narrative. Ma risolte o interrotte queste fasi più soggettive la narrazione riprende la propria corsa, coi paesaggi che sono posti a fare da sfondo a scontri e battaglie che magari si interrompono alla fine di un canto e vedono il successivo aprirsi con un fulmineo trasferimento e la prosecuzione della pugna altrove. In una moltiplicazione dei centri che pare lo specchio della nuova realtà geografica e conoscitiva (Fig. 7). In questo senso si può concordare con Rossi quando sottolinea quanto i personaggi ariosteschi rendano conto del rapporto del loro autore col mondo contemporaneo. "Sono straordinari viaggiatori nei quali sembra esprimersi la tensione conoscitiva e lo spirito di avventura che accese l'età rinascimentale nelle sue ricerche e scoperte" (cfr. Rossi 2006:102).
D'altra parte le nuove scoperte di spazi inesplorati danno spazio alla pratica di quello spirito della ventura che era proprio del romance medievale. E nel mentre accompagnano al suo esaurimento il poema cavalleresco, aprendo al romanzo moderno intessuto delle passioni e delle aspirazioni degli uomini del suo tempo (cfr. Caretti 1977:95). Che correranno il mondo come si preconizza in queste oggettive irreali e lo faranno sempre più velocemente a partire da questo brividi d'ignoto e d'avventura che scaturiscono dalla messa in comunicazione di Oriente e Occidente attraverso una nuova via, che trova un'esemplare invenzione romanzesca nel ritorno in Europa di Ruggero che piuttosto di ripercorrere i suoi passi si dispone "a finir tutto il cominciato tondo / per aver, come il sol, girato il mondo" Orlando furioso X, 72.
Il brivido delle scoperte geografiche
L'accostamento di queste due opere ci permette quindi di cogliere la fragranza di quel brivido d'eccitazione che sembra percorrere la cultura di inizio Cinquecento, elettrizzata dalla scoperta del nuovo mondo e dalla riscoperta della sfericità della terra che consente di innervarla di processi spiraliformi in cui si combinano invenzioni, riattualizzazioni, metamorfosi, figurative e concettuali di natura mitica, storica e conoscitive di natura geografica e scientifica.
Un ulteriore aspetto inventivo interessante è che in tema di teoria della rappresentazione Altdorfer si concentra sulla resa di dinamiche processuali in cui prevalgono il caos e gli scontri titanici. Eventi che prendono le loro mosse dalle narrazioni fondative, bibliche, mitologiche, storiche ma che nella messa in scena delineano percorsi, prospettive, immaginazioni d'un mondo a venire che s'avverte nella potenza e nella meraviglia d'invenzioni figurative, spaziali, temporali di quella che a tutta prima si offre invece come la piana restituzione d'un arcaico prospetto profetico. Se dunque l'opera di Altdorfer si caratterizza per la rappresentazione di un passaggio di mano epico rivestito di mitologia religiosa nelle sue forme e modi d'espressione si può ravvisare l'eccitazione per la fine di tali narrazioni e la precursione dell'avventura conoscitiva geografica e scientifica.
Note
[1] La dimensione della tavola custodita all'Alte Pinakothek di Monaco di Baviera è di 120x158cm.
[2] Insieme alle cronologia della battaglia dello storico romano Quinto Curzio, si ritiene che l'altro probabile riferimento di Altdorfer nella progettazione dell'opera sia stata la Cronaca di Norimberga (Schedelsche Weltchronik) di Hartmann Schedel, una storia mondiale illustrata pubblicata a Norimberga nel 1493 e basata sulla concezione biblica della storia umana dalla Creazione all'Apocalisse. Lo dimostrano anche gli errori geografici nella rappresentazione del Mediterraneo e del Nord Africa che rispecchiano le mappe di quella pubblicazione (cfr. Wikipedia:2025).
[3] Fu un'impresa di lungo corso in cui Solimano cercò di occupare il centro Europa con una campagna anche nel 1532 e si protrasse fino all'inizio del declino ottomano successivo alla battaglia di Lepanto del 1571.
[4] Infatti, secondo Koselleck, che dedica l'apertura del suo saggio sullo sviluppo della consapevolezza delle differenze storiche ("Futures Past: On the Semantics of Historical Time") a quest'opra di Altdorfer, l'autore sovrapponendo Massimiliano I ad Alessandro Magno non si dimostra consapevole della differenza storica tra XVI secolo d.C. e IV seccolo a.C. Mentre a noi pare che il pittore, proprio perché mette in scena anche effrazioni geografiche vuol porre in analogia i due eventi in cui individua aspetti ricorrenti in base a coincidenze che suffragano le predizioni bibliche. Quindi non si può affermare l'ignoranza della differenza storica. E non saremmo neppure di fronte ad una concezione della Storia come esclusivamente ricorsiva, perché le iterazioni ricorsive si manifesterebbero nel quadro della progressione dello sviluppo lineare della storia universale predetto dalla Bibbia (Cfr. Koselleck 1979:11-20 tr.it).
Riferimenti bibliografici
Ludovico Ariosto (1516), Orlando furioso, Edizione a cura di C. Segre, Milano, Mondadori, 1976
Guido Beltramini, Adolfo Tura (a cura di, 2016), Orlando furioso 500 anni. Cosa vedeva Ariosto quando chiudeva gli occhi, Ferrara, Palazzo dei Diamanti 24 settembre 2016 – 8 gennaio 2017, Ferrara, Fondazione Ferrara Arte Editore
Lanfranco Caretti (1977), Ariosto e Tasso, Torino, Einaudi
Reinhart Koselleck (1979), Vergangene Zukunft. Zur Semantik geschichtlicher Zeiten, Frankfurt a.M., Suhrkamp Verlag (tr.it Futuro passato. Per una semantica dei tempi storici, Genova, Marietti, 1986)
Massimo Rossi (2006), La geografia del Furioso, in M. Bordin, P. Trovato (a cura di), ''Lucrezia Borgia. Storia e mito'', Firenze, Olschki editore, pp.97-138
Curzio Rufo (1478), La battaglia di Isso da Historiae Alexandri Magni regis Macedonum III, 10-12 , ora in A. Perutelli, G. Paduano, E. Rossi (a cura di), Storia e testi della letteratura latina, Bologna, Zanichelli 2010
The Battle of Alexander at Issus, Wikipedia, L'enciclopedia libera, https://en.wikipedia.org/wiki/The_Battle_of_Alexander_at_Issus, consultata il 2025/07/20