> Un trionfo di giostra
Effetti del lockdown per il Covid
Mi manca poter distendere le sguardo ad ampio raggio. Mirare oggetti lontani, ché il paesaggio urbano non lo sopporto più. Mi manca sentirmi scivolare lo spazio intorno, veder scorrere il paesaggio dai cristalli dell'automobile. Mi manca la guida. Mi è capitato di svegliarmi e di aver voglia di tuffarmi nella bolgia dell'Arco di Trionfo di Parigi, che l'estate scorsa ci sono passato tutte le volte che ho potuto. Quella dell’Arco di Trionfo è la madre di tutte le rotonde, nascono tutte da lì, da quel gorgo mostruoso magicamente capace di autoregolearsi. E’ un gigantesco girone infernale in cui l'adrenalina ti schizza a mille appena entri. E’ una performace collettiva in cui sei risucchiato, da cui non ti puoi sottrrarre e nel momento in cui entri sei già in mezzo. E’ un vortice con svariate spire concentriche, disposte su più livelli a formare un ventaglio di vettori che lottano per mantenere la traiettoria ideale per uscire dall’Etoile al giusto punto. Una lotta forsennata per mantenere la propria rotta dove troveresti requie solo se tu accettassi di stringere al centro, solo che non ne usciresti più, condannato ad infiniti cicli. E’ richiesta risolutezza e precisione balistica, devi sapere perfettamente che direzione tenere per impedire agli altri di stringerti al centro, cosicché devi decellerare quando sei in rotta di collisione con qualcuno che punta più al centro di te ed è in vantaggio, e viceversa accellerare quando puoi guadagnare deii metri che ti pongono in uno spicchio di maggior quiete. La prima volta la feci con una Citroen Dyane e mi stupì scoprire, con quel suo piegarsi, quanto le fosse connaturata; mi si squadernò davanti tutto il fascino di una diversa ingegneria automobilistica, oggi perduta. Le prime volte non puoi non farti prendere la mano e fare giri e giri come un bimbo sulle giostre. Poi vuoi diventare grande e imparare a lottare per vincere sulla traiettoria di minima e allora combatti: sterzo, cambio, freno e gas fino a guadagnare l’ultima sterzata dolce, quella che ti porta alla quiete del boulevard emisario. Ma già ti mancano quegli attimi di goduria assoluta in quel gorgo procelloso.